Venerdì 24 settembre, in occasione della Giornata mondiale, presso il Civico 81 ci sarà un incontro dedicato alla demenza di Alzheimer e, da ottobre, partiranno dei corsi promossi dal nostro Poliambulatorio per familiari e caregiver di malati di demenza. Per l’occasione, abbiamo approfondito il tema della demenza senile e dell’importanza dei gruppi di ascolto con il Medico dott. Perati, geriatra del nostro Poliambulatorio.

Medico dott. Perati

Quanto è importante celebrare una giornata mondiale dedicata all’Alzheimer?

Celebrare una giornata mondiale dedicata al tema della demenza di Alzheimer è importante per portare all’attenzione della società civile e del mondo politico il grave problema della cura delle persone malate di Demenza e del sostegno dei loro familiari.
La pandemia, ancora in corso, sta mostrando quanto questo problema sia stato affrontato in modo superficiale e poco incisivo. La pandemia ha evidenziato la mancanza di una rete puntuale che possa aiutare concretamente i familiari che curano i propri malati. Risolvere il problema è difficile, ma è altrettanto vero che, senza una volontà precisa e competente, non si riesce ad offrire risposte davvero concrete e utili.

Al nostro Poliambulatorio, dopo l’evento del 24 settembre al Civico81, ci sarà un corso: in cosa consiste, a chi è rivolto e con che obiettivo?

Il corso in partenza è dedicato ai familiari delle persone malate. Seguire percorsi di formazione per noi operatori è essenziale per offrire servizi che sappiano dare risposte ai tanti problemi che il malato pone: psichici, comportamentali, ma anche clinici, assistenziale e funzionali, bioetici, burocratici ecc. A maggior ragione un familiare che vive in casa con la persona malata deve trovare un minimo di spazio per informarsi, condividere le tante questioni che la cura pone e anche ricevere risposte concrete.

Partiranno anche dei gruppi di ascolto e di aiuto, in cosa consistono e a chi sono dedicati?

Nei gruppi di auto-aiuto i familiari si raccontano e scoprono che i propri problemi sono spesso identici a quelli di altri. Quindi, i gruppi diventano un modo per condividere le fatiche e magari anche le strategie scoperte ed adottate nella quotidianità. Inoltre, spesso, il care giver, cioè il principale punto di riferimento del malato all’interno della famiglia, non riceve molta comprensione dagli altri familiari, sentendosi solo. La fatica di chi cura è fisica, ma soprattutto psicologica, perciò sentirsi parte di un gruppo che “parla la stessa lingua” può essere davvero di grande aiuto.

Quali sono le prossime sfide legate alla malattia di Alzheimer per pazienti, per medici, per famiglie e per la comunità?

La sfida più grande riguarda la ricerca che da anni si sforza di trovare rimedi davvero risolutivi ed utili, ma che ancora fatica ad individuare strade terapeutiche incisive fin dall’esordio della malattia. Accanto a questa, è necessario impegnarsi molto nell’ambito della cura a domicilio, nei Centri Diurni, in case per una residenzialità leggera adeguata e presso le RSA, tenendo presente che la demenza è una malattia che procede ponendo di volta in volta problemi diversi. Quindi, la vera sfida è offrire risposte adeguate e attuali rispetto alla condizione di un malato che muta nelle sue esigenze e problematiche di cura.

Vuole aggiungere qualcosa per concludere?

In conclusione, penso che sia importante sottolineare un ultimo aspetto: di fronte ad una persona malata la vera sfida che la nostra società deve affrontare è saper dare risposte proporzionate. Cosa intendo? Le alternative non possono essere solo un familiare che cura oppure il ricovero in una RSA. La soluzione è organizzare una rete di servizi proporzionata e capace di offrire risposte alle singole situazioni.